La memoria e la sua facile transitorietà nella mente dell’uomo

27 gennaio, Giornata della Memoria, una ricorrenza che da qualche anno emana uno strano odore, un odore terribilmente spaventoso: il dimenticare, il non voler più ricordare.

I testimoni della Shoah sono sempre meno, gli anni passano e arriverà il momento in cui non ci saranno più sopravvissuti che testimonino questo orrore. Saremo noi capaci di fare le loro veci? Sapremo noi combattere un negazionismo storico che sempre più si ingrandirà?

Probabilmente sì, ma la memoria, il ricordo acquisiranno una sfumatura diversa.

Parleremo di quei tragici eventi, inevitabilmente, con una forza diversa rispetto a chi ha vissuto quest’orrore; ma la memoria storica è questo: connettere, saper anticipare e guardare avanti. Dobbiamo comprendere ciò che sta succedendo, tutti i messaggi che ci passano sotto gli occhi; avere memoria significa essere capaci di ricordare gli errori del passato, essere capaci di osservare le cose dall’alto.

Tutte le testimonianze inanimate che avremo a disposizione non basteranno se non riusciremo a fissare nella nostra testa ciò che l’uomo può diventare nei confronti di altri uomini, ciò che l’obnubilazione della ragione può creare.

Un altro monito che ci deve spingere ad alzare la voce e a farci sentire quando ci accorgiamo di messaggi di violenza e sopruso è il fatto che tutti sapessero.

Troviamo un esempio di ciò nel Binario 21: seppur nascosto, tutti sapevano chi veniva trasportato in quei treni merce, e dove andasse. O consideriamo la puzza che emettevano i forni crematori, che si sentiva in tutte le città attorno ai campi…

Tutti sapevano, e i regimi dittatoriali che hanno creato macchine della morte di quel genere, sono riusciti in ciò grazie al silenzio delle persone.

Questo deve spingerci a comprendere che il tacito consenso e la memoria labile sono un rischio che tutti i giorni corriamo.

É nostro compito, dunque, conoscere e, successivamente, trasmettere, educare.

Il perdono non sta a noi, il perdono di un odio insensato non sta noi, e non è neanche così umano; sta a noi capire e soprattutto ricordare cos’è andato storto, cos’è successo e perché. Allora il 27 gennaio avrà ancora valore.

Enrico Bellotto (5A TUR)

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